Quando clicchiamo su una parola evidenziata in blu o su un pulsante che ci trasporta istantaneamente su un’altra pagina, compiamo un gesto che diamo per scontato. È il tessuto stesso di internet, la funzione che rende la “Rete” una vera rete. Ma chiedersi quale software introduce il concetto di link non porta a una risposta singola e semplice; ci costringe a un viaggio affascinante attraverso decenni di visionari che hanno immaginato un modo diverso di organizzare la conoscenza umana.
Non è stato un singolo giorno e non è stato un singolo uomo. La storia del collegamento ipertestuale è un’evoluzione progressiva che parte dalla meccanica analogica per arrivare al codice digitale. Sebbene Tim Berners-Lee abbia creato il web come lo conosciamo, il “link” era già vivo nei laboratori di ricerca e nelle menti di scienziati molto prima del 1990.
Il sogno analogico: Vannevar Bush e il Memex
Per trovare la vera radice del concetto, dobbiamo guardare indietro fino al 1945. La Seconda Guerra Mondiale era agli sgoccioli e Vannevar Bush, consigliere scientifico del presidente Roosevelt, pubblicò un saggio fondamentale sulla rivista The Atlantic Monthly intitolato “As We May Think”.
- Che software usare per scrivere un libro
- Che tipo di software conviene utilizzare su robot costruiti a scopo didattico
- Che software utilizzare per calcoli matematici
Bush non scrisse codice, ma descrisse una macchina teorica chiamata Memex (Memory Extender). Questa scrivania elettromeccanica avrebbe dovuto contenere libri, documenti e comunicazioni su microfilm. La caratteristica rivoluzionaria non era l’archiviazione, ma la consultazione. Bush criticava l’indicizzazione alfabetica o numerica tradizionale, definendola artificiale. La mente umana, sosteneva, lavora per associazione.
Nel Memex, l’utente avrebbe potuto creare dei “percorsi” (trails) tra documenti diversi. Il concetto di associazione istantanea tra due punti di informazione è l’antenato diretto del link moderno. Bush immaginava che un utente potesse collegare una pagina di un libro a una lettera personale, creando un legame permanente richiamabile con la pressione di una leva. Anche se il Memex non fu mai costruito fisicamente, la sua influenza fu sismica: ispirò direttamente coloro che avrebbero poi tradotto questa idea in bit e byte.
Project Xanadu: La nascita della parola “Ipertesto”
Se Bush fornì l’idea, Ted Nelson fornì il vocabolario. Negli anni ’60, Nelson coniò il termine ipertesto per descrivere una scrittura non sequenziale. Il suo progetto, Project Xanadu, mirava a creare una rete di computer globale molto prima che internet diventasse una realtà domestica.
La visione di Nelson era, per certi versi, superiore al web odierno. Nel sistema Xanadu, i collegamenti ipertestuali erano bidirezionali e indistruttibili. A differenza del web attuale, dove un link può portare a una “Pagina non trovata” (errore 404) se la destinazione viene spostata o cancellata, in Xanadu il collegamento manteneva la connessione logica originale e permetteva di vedere non solo a cosa puntava un documento, ma anche quali documenti puntavano ad esso (transclusione). Sebbene Xanadu non sia mai diventato uno standard globale a causa della sua complessità tecnica, ha stabilito le basi teoriche per tutto il software successivo.
NLS: La prima dimostrazione reale
Se cercate il primo software funzionante che implementa i link, la risposta più accurata è l’oN-Line System (NLS) sviluppato da Douglas Engelbart allo Stanford Research Institute.
Il 9 dicembre 1968, durante quella che viene oggi ricordata come “La madre di tutte le demo” (The Mother of All Demos), Engelbart presentò al mondo l’NLS. In 90 minuti, dimostrò concetti che sembravano fantascienza: videoconferenza, editing collaborativo in tempo reale, l’uso del mouse (che aveva inventato lui stesso) e, naturalmente, l’ipertesto.
Engelbart cliccò su una parola in un documento e il sistema aprì immediatamente un altro documento correlato. Non era teoria, non era un saggio su una rivista: era codice funzionante. L’NLS è il software che ha trasformato il link in realtà operativa, dimostrando che un computer non era solo una calcolatrice gigante, ma uno strumento per “aumentare l’intelletto umano”.
Apple HyperCard: L’ipertesto per le masse
Prima che il World Wide Web entrasse nelle case, ci fu un software che portò il concetto di collegamento a milioni di utenti comuni: HyperCard di Apple, rilasciato nel 1987. Creato dal geniale Bill Atkinson, HyperCard veniva preinstallato sui Macintosh e utilizzava la metafora di un mazzo di carte.
Ogni “carta” poteva contenere testo, grafica e pulsanti. Cliccando su un pulsante, l’utente “saltava” a un’altra carta nello stesso mazzo o in un mazzo diverso. HyperCard ha democratizzato la creazione di collegamenti ipertestuali, permettendo a chiunque, anche senza conoscenze di programmazione avanzate, di costruire software interattivi, enciclopedie digitali (come la prima versione di Myst, il famoso videogioco) e strumenti didattici.
Sebbene i link di HyperCard fossero principalmente locali (sul disco rigido dell’utente) e non distribuiti su una rete globale, abituarono un’intera generazione all’idea che l’informazione non dovesse essere lineare. Jakob Nielsen, guru dell’usabilità, ha spesso citato HyperCard come un precursore fondamentale per l’alfabetizzazione digitale necessaria all’adozione del web.
Il World Wide Web: Il link conquista il mondo
Arriviamo infine al 1989 e al CERN di Ginevra. Tim Berners-Lee aveva un problema: gli scienziati avevano computer diversi, formati diversi e non riuscivano a condividere facilmente le informazioni. La sua proposta per il World Wide Web unificava le idee precedenti in un sistema semplice e universale.
Berners-Lee sviluppò tre tecnologie chiave:
- HTML (HyperText Markup Language): Il linguaggio di formattazione.
- URI (Uniform Resource Identifier): L’indirizzo univoco di ogni risorsa.
- HTTP (HyperText Transfer Protocol): Il protocollo di trasmissione.
Il primo browser web, chiamato anch’esso WorldWideWeb (poi rinominato Nexus), è il software che ha introdotto il concetto di link globale. La genialità di Berners-Lee fu la semplificazione: a differenza di Xanadu, i link del web erano unidirezionali. Questo rendeva il sistema fragile (i link potevano rompersi), ma estremamente facile da costruire e scalare. Chiunque poteva linkare chiunque altro senza chiedere permesso.
Nel 1993, con il rilascio del browser Mosaic, che introduceva la possibilità di visualizzare immagini insieme al testo e rendeva l’interfaccia user-friendly, il “link” divenne un’icona culturale, riconoscibile dalla classica sottolineatura blu.
Analisi tecnica: Come il link ha cambiato la struttura dell’informazione
Passare dalla lettura sequenziale alla navigazione ipertestuale ha modificato la nostra struttura cognitiva. Secondo studi di settore, la lettura online è non-lineare. Gli utenti scansionano il testo alla ricerca di parole chiave e ancore (anchor text) che promettono approfondimenti.
Da un punto di vista SEO, il link è diventato la valuta di internet. Google, con il suo algoritmo PageRank originale, ha basato l’intero sistema di classificazione sulla logica che un link è un voto di fiducia. Se il software di Engelbart ha reso il link possibile tecnicamente, i motori di ricerca lo hanno reso lo strumento principale per determinare l’autorevolezza.
“L’ipertesto è il modo in cui funziona il cervello umano. Non pensiamo in linea retta; pensiamo per associazioni.” — Parafrasando le teorie di Vannevar Bush.
I dati mostrano che la struttura dei link interni ed esterni rimane uno dei primi tre fattori di posizionamento su Google. Questo dimostra che l’intuizione originale di Bush — connettere le informazioni per rilevanza e associazione — è ancora il cuore pulsante dell’algoritmo più potente del mondo.
Il futuro del collegamento
Oggi il concetto di link sta evolvendo nuovamente. Con l’avvento delle app mobili e degli assistenti vocali, il “clic blu” sta scomparendo a favore di interazioni più fluide. I deep link nelle applicazioni permettono di saltare da un punto specifico di un’app a un’altra, e il Web Semantico cerca di rendere i collegamenti comprensibili non solo agli umani ma anche alle macchine, creando relazioni di significato e non solo di posizione.
Tuttavia, la logica di base rimane quella definita nel 1968 con l’NLS e democratizzata nel 1990 con il Web: l’informazione è utile solo se è connessa.
FAQ – Domande Frequenti
Chi ha inventato il primo link cliccabile?
Sebbene Vannevar Bush abbia teorizzato il concetto nel 1945, è stato Douglas Engelbart a implementare il primo link cliccabile funzionante nel 1968 con il sistema NLS. Tim Berners-Lee ha successivamente adattato questa tecnologia per creare i link del World Wide Web che usiamo oggi.
Qual è la differenza tra ipertesto e link?
L’ipertesto è il concetto generale di testo organizzato in modo non sequenziale che permette diverse modalità di lettura. Il link (o collegamento ipertestuale) è lo strumento tecnico specifico, l’elemento attivo (parola o immagine) che permette di passare da un’unità di informazione all’altra all’interno dell’ipertesto.
HyperCard di Apple era considerato internet?
No, HyperCard non era internet. Era un software “offline” che girava sul singolo computer Macintosh. Sebbene usasse il concetto di link per navigare tra le schede (“stack”), non connetteva computer diversi in una rete globale come fa il World Wide Web tramite il protocollo HTTP.
Perché i link di Ted Nelson erano diversi da quelli del Web?
Nel progetto Xanadu di Ted Nelson, i link erano bidirezionali e stabili. Questo significava che se si creava un collegamento tra la pagina A e la pagina B, entrambe le pagine erano consapevoli del legame. Nel Web attuale, i link sono unidirezionali: la pagina A può linkare la B senza che la B lo sappia.
